VISUALIZZAZIONI

lunedì 30 aprile 2012

DIECI PASSI VERSO L'AZZURRO...Sinossi



DIECI PASSI VERSO L'AZZURRO
Sceneggiatura, pagine 90
di Giuseppe Di Febo



Sinossi

Tempi attuali, una delle tante riviere della costa italiana, una sera...La passeggiata di Riccardo viene interrotta da una drammatica richiesta di aiuto. Un lontano amico disabile, Andrea, si ricorda di lui in un momento di disperazione ed abbandono. Riccardo non esita ad aiutarlo in tante vicissitudini che restituiscono all'amico dignità e personalità, convincendolo ogni volta ad agire con intelligenza e determinazione. Andrea lo ascolta, ma gli rivela che mai saprà rinunciare all'amore delle figlie, della famiglia che pure sono state ingrate nei suoi confronti. Riccardo gli raccomanda prudenza, di non essere ingenuo per non rischiare di annullare ogni sforzo fatto verso il successo, di ritrovarsi nuovamente nel disastro. Nasce una profonda divergenza sulla visione della vita, che porta i due amici a scontrarsi prima e a separarsi poi. In un primo momento, sembra che Riccardo abbia visto giusto, accorrendo al capezzale di morte di Andrea, eppure...




Biografia.
Giuseppe Di Febo nasce a Silvi (TE) nel 1952. Laureato in Filosofia, presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Chieti, dedica molto studio e riflessioni sul comportamento umano nella sua necessità di una guida esistenziale, a cui chiedere, a cui dare. Ex insegnante, attualmente è un Funzionario Pubblico, scrittore, giornalista pubblicista ed è impegnato attivamente nel volontariato, presso l’Arcotenda Onlus, un’Associazione rivolta a persone con disabilità. Ha pubblicato romanzi e racconti: DIECI PASSI VERSO L'AZZURRO, Seneca Edizioni (2008) Torino; AMBIENTI LETALI, Ianieri Edizioni (2010)Pescara; FUGA DAL SENTIMENTO, Ianieri Edizioni (2011)Pescara; AFORISMI E PENSIERI...DA UNA PAGINA DI FACEBOOK, Cassandra Edizioni (2012)Teramo.  

DIECI PASSI VERSO L'AZZURRO...Sceneggiatura


lunedì 23 aprile 2012

Cos'è la guerra?


COS'E' LA GUERRA?
Da una reale intervista mai pubblicata(1996)


Un largo spiazzo spelacchiato e un vecchio filosofo seduto sul portico di una casa in collina. Un appuntamento, un giornalista di nome Mario ambisce a fargli una domanda...
“Salve, son qui per quella domanda...”
“Sentiamo, caro amico”, risponde il filosofo indicandogli una vecchia sedia in vimini con assi malferme.
“Allora, cos'è la guerra?”
“Siamo noi!”risponde prontamente il vecchio;
“Noi?”
“Già...Esisterebbe senza di noi?”
“Beh, che sia un fenomeno umano d'accordo, ma possiamo anche non dichiararla...”
“Non dichiararla è non farla?”
“Uhm...Se non vedo armi, battaglioni e carrarmati, la guerra non c'è!”
Il vecchio cessa di guardarlo, sposta il suo sguardo verso la città a valle.
“Vedi caro amico, nemmeno la pace...si vede. Come la guerra è qualcosa che si sente, si avverte nella propria anima, prima che nel proprio fisico. Pensi che tutta la gente di quella città non sia in guerra, dovendo ogni giorno difendere il proprio potere, prestigio, patrimonio, i propri...sentimenti?”
“Una guerra senza armi?”
“L'arma è qualunque mezzo che fa male, che uccide...Anche una parola, può ferire a morte!”
“Si, ma che articolo gli scrivo sulla guerra al mio Direttore,
quello di due persone che si insultano? Mi caccerebbe, mi farebbe...”
“...la guerra?” sussurra distratto il vecchio filosofo, poi aggiunge: “La guerra ci appartiene, è un impulso più o meno vitale dentro ognuno di noi. Quindi è un istinto, parte del nostro patrimonio genetico. E' errato considerarla e rigettarla solo quando è  programmata e dichiarata a livello planetario, tra popoli che attaccano e si difendono...La guerra è anche e soprattutto quella che combattiamo tutti i giorni, nel bene e nel male, quando desideriamo scavalcare il collega in carriera, aggredire chi riteniamo che non ci rispetti, suscitare  invidia fino a godere della sofferenza del prossimo...Un popolo è sempre in guerra, anche e soprattutto con se stesso. Una lotta intestina senza quartiere, in cui sono tutti presenti: gli eroi, i vigliacchi, i soldati semplici e i loro caporali, in una trincea all'avamposto di un fronte comune in cui il nemico, quello vero non è di fronte e nemmeno accanto, ma dentro...La guerra siamo noi, la pace invece non è nostra, è una conquista!
Mario è impressionato dalla convinta riflessione del vecchio, vorrebbe intervenire, ma lui aggiunge:
“Ti sembra che un disoccupato, un incompreso, un abbandonato di quella città abbia più speranza di vita o stia meglio di un soldato al fronte? Si grida all'orrore di centinaia, migliaia di morti in una moderna guerra tra Stati, dimentichi dei milioni di vittime silenziose che falcia la società nel suo seno. Orbene, se la guerra è da aborrire non si deve intervenire contro di essa quando si fa visibile con carrarmati e battaglioni in allerta, ma prima, molto prima...”
“...E come? Hai detto che essa ci appartiene indissolubilmente, quindi anche prima è inevitabile...”
“Vero. Però, si può renderla meno terrificante, fino ad inibirla
parlandone, prendendo coscienza che si può far del male in qualunque momento, a tutto e a tutti! Vedi, tu sei seduto su una sedia malferma e devi accettarla così, però ne sei cosciente e questo ti evita di cadere. La guerra è un serpente a sonagli che portiamo nella bisaccia della nostra esistenza, con la  convinzione che morda solo gli altri, che possa servirci solo per difenderci...La cosa più semplice sarebbe liberarcene, ma no, non ci riusciamo...Un segnale profondo ci impedisce di sbarazzarcene, ci costringe a farlo convivere con noi, anche quando acquisiamo la consapevolezza che possiamo essere i primi ad esserne morsi! Negarsi la sua presenza è trascurare il suo pericolo, è indurre il prossimo a credere alla sua inesistenza...”
“Allora, la pace è un'utopia?”
“No, come ti ho accennato la pace è una conquista. Essa non è mai acquisita per sempre, ma va auspicata, curata, accarezzata in ogni momento della vita, della società che cerca se stessa. La sua culla è la conoscenza, la coscienza di essere perennemente in bilico tra quello che riteniamo il male e il bene. La pace è figlia della rinuncia quotidiana e collettiva di una piccola parte del nostro egoismo, dei nostri interessi per felice scelta, nella convinzione che sia un bene sociale necessario, se non indispensabile a quello individuale, per esprimersi al massimo attraverso la propria intelligenza...La pace è una tendenza, una condizione sempre precaria della società umana e va goduta, rispettata e consolidata come tale. Ritenerla stabile, assicurata da leggi, diventa illusoria e mistificata da una guerra  sotterranea, invisibile, ancora più pericolosa di quella evidente”.
Mario tace, riflette, poi sospira:
“Ho la sensazione che se riportassi questa intervista sul mio giornale, non sarei capito,forse meglio rinunciarci,la conserverò nel cassetto...”
“Bene caro amico, so quando la tirerai fuori: quando avrai perso tante guerre ed avrai conquistato la pace del tuo animo!”

domenica 15 aprile 2012



Tutte le cose che farò avranno sempre un po’ di te!
È il pensiero che qualifica l’uomo davanti a se stesso,
agli altri, alla vita...purché esplicitato!