COS'E' LA GUERRA?
Da una reale intervista mai pubblicata(1996)
Un largo spiazzo spelacchiato e un vecchio filosofo seduto
sul portico di una casa in collina. Un appuntamento, un giornalista di nome
Mario ambisce a fargli una domanda...
“Salve, son qui per quella domanda...”
“Sentiamo, caro amico”, risponde il filosofo indicandogli
una vecchia sedia in vimini con assi malferme.
“Allora, cos'è la guerra?”
“Siamo noi!”risponde prontamente il vecchio;
“Noi?”
“Già...Esisterebbe senza di noi?”
“Beh, che sia un fenomeno umano d'accordo, ma possiamo anche
non dichiararla...”
“Non dichiararla è non farla?”
“Uhm...Se non vedo armi, battaglioni e carrarmati, la guerra
non c'è!”
Il vecchio cessa di guardarlo, sposta il suo sguardo verso
la città a valle.
“Vedi caro amico, nemmeno la pace...si vede. Come la guerra
è qualcosa che si sente, si avverte nella propria anima, prima che nel proprio
fisico. Pensi che tutta la gente di quella città non sia in guerra, dovendo
ogni giorno difendere il proprio potere, prestigio, patrimonio, i
propri...sentimenti?”
“Una guerra senza armi?”
“L'arma è qualunque mezzo che fa male, che uccide...Anche
una parola, può ferire a morte!”
“Si, ma che articolo gli scrivo sulla guerra al mio
Direttore,
quello di due persone che si insultano? Mi caccerebbe, mi
farebbe...”
“...la guerra?” sussurra distratto il vecchio filosofo, poi
aggiunge: “La guerra ci appartiene, è un impulso più o meno vitale dentro
ognuno di noi. Quindi è un istinto, parte del nostro patrimonio genetico. E'
errato considerarla e rigettarla solo quando è
programmata e dichiarata a livello planetario, tra popoli che attaccano
e si difendono...La guerra è anche e soprattutto quella che combattiamo tutti i
giorni, nel bene e nel male, quando desideriamo scavalcare il collega in
carriera, aggredire chi riteniamo che non ci rispetti, suscitare invidia fino a godere della sofferenza del
prossimo...Un popolo è sempre in guerra, anche e soprattutto con se stesso. Una
lotta intestina senza quartiere, in cui sono tutti presenti: gli eroi, i
vigliacchi, i soldati semplici e i loro caporali, in una trincea all'avamposto
di un fronte comune in cui il nemico, quello vero non è di fronte e nemmeno
accanto, ma dentro...La guerra siamo noi, la pace invece non è nostra, è una
conquista!
Mario è impressionato dalla convinta riflessione del
vecchio, vorrebbe intervenire, ma lui aggiunge:
“Ti sembra che un disoccupato, un incompreso, un abbandonato
di quella città abbia più speranza di vita o stia meglio di un soldato al
fronte? Si grida all'orrore di centinaia, migliaia di morti in una moderna
guerra tra Stati, dimentichi dei milioni di vittime silenziose che falcia la
società nel suo seno. Orbene, se la guerra è da aborrire non si deve
intervenire contro di essa quando si fa visibile con carrarmati e battaglioni
in allerta, ma prima, molto prima...”
“...E come? Hai detto che essa ci appartiene
indissolubilmente, quindi anche prima è inevitabile...”
“Vero. Però, si può renderla meno terrificante, fino ad
inibirla
parlandone, prendendo coscienza che si può far del male in
qualunque momento, a tutto e a tutti! Vedi, tu sei seduto su una sedia malferma
e devi accettarla così, però ne sei cosciente e questo ti evita di cadere. La
guerra è un serpente a sonagli che portiamo nella bisaccia della nostra
esistenza, con la convinzione che morda
solo gli altri, che possa servirci solo per difenderci...La cosa più semplice
sarebbe liberarcene, ma no, non ci riusciamo...Un segnale profondo ci impedisce
di sbarazzarcene, ci costringe a farlo convivere con noi, anche quando
acquisiamo la consapevolezza che possiamo essere i primi ad esserne morsi!
Negarsi la sua presenza è trascurare il suo pericolo, è indurre il prossimo a
credere alla sua inesistenza...”
“Allora, la pace è un'utopia?”
“No, come ti ho accennato la pace è una conquista. Essa non
è mai acquisita per sempre, ma va auspicata, curata, accarezzata in ogni
momento della vita, della società che cerca se stessa. La sua culla è la
conoscenza, la coscienza di essere perennemente in bilico tra quello che
riteniamo il male e il bene. La pace è figlia della rinuncia quotidiana e
collettiva di una piccola parte del nostro egoismo, dei nostri interessi per
felice scelta, nella convinzione che sia un bene sociale necessario, se non
indispensabile a quello individuale, per esprimersi al massimo attraverso la
propria intelligenza...La pace è una tendenza, una condizione sempre precaria
della società umana e va goduta, rispettata e consolidata come tale. Ritenerla
stabile, assicurata da leggi, diventa illusoria e mistificata da una
guerra sotterranea, invisibile, ancora
più pericolosa di quella evidente”.
Mario tace, riflette, poi sospira:
“Ho la sensazione che se riportassi questa intervista sul
mio giornale, non sarei capito,forse meglio rinunciarci,la conserverò nel
cassetto...”
“Bene caro amico, so quando la tirerai fuori: quando avrai
perso tante guerre ed avrai conquistato la pace del tuo animo!”